LA CINTA AUSTRIACA

Le difese di Verona, considerate all’epoca  esempio di efficienza e modernità, furono di poca utilità nel 1796 di fronte alle truppe Francesi di Napoleone che si contesero la città contro l’Impero Austriaco, e quando, nel 1801, col trattato di Luneville dovettero cedere la parte sinistra dell’Adige si affrettarono a demolire le principali opere esistenti e, per paura di dover abbandonare all’Austria tutta la città, completarono la demolizione anche sulla parte destra dei bastioni del Sammicheli, ancora perfettamente validi.

La situazione venutasi a creare dopo il 1815, quando, alla caduta di Napoleone, L’ Impero Austriaco entrò in possesso del Lombardo-Veneto permise un periodo di tranquillità sul campo militare. Solo dopo il 1830, ravvisata qualche minaccia da parte della Francia con le sue idee liberali, e poi, più ancora dalle rivendicazioni territoriali del Risorgimento Italiano, si decise di porre mano al rifacimento della cinta muraria e al suo consolidamento. Verona, in quanto parte più importante del sistema difensivo del “Quadrilatero” fu oggetto di un grande sforzo costruttivo. Nel periodo fra il 1833 e il 1866 si diede inizio ad una serie di interventi che riguardarono per primo la ricostruzione dei bastioni demoliti dai Francesi e poi l’edificazione di una serie di forti staccati (oltre una trentina)  tutto intorno alla città, sia nella zona collinare che in pianura, in due cerchie distinte, così da permettere una difesa praticamente impenetrabile. Anche nel territorio circostante, nei vari punti ritenuti strategici, da Peschiera a Pastrengo, a Rivoli furono costruiti degli importanti campi trincerati tali da costituire un deterrente formidabile per ogni tentativo di aggressione. La piazzaforte risultò così pienamente rispondente alle necessità tanto che nella Campagna del 1866 l’Esercito del neonato Regno d’Italia non riuscì nemmeno a minacciarla da presso.

Tuttavia, neanche i pur perfetti sistemi difensivi bastarono a mutare il corso fatale degli eventi, determinato da decisioni politiche, più che militari. Con l’annessione di Verona al Regno d’Italia, la città perse la sua importanza strategica dal punto di vista militare e lentamente ma inesorabilmente le strutture difensive furono lasciate al loro graduale e inevitabile abbandono, incalzate dall’espansione della città, alla sua industrializzazione e alle mutate esigenze dell’odierna civiltà.

Solo in epoca recente, le opere rimaste a testimonianza di quel periodo sono oggetto di riscoperta e rivalutazione, se non altro per il fatto che, per queste sue opere Verona è diventata “Patrimonio dell’Umanità” e protetta dall’UNESCO. Poche sono infatti le città che possono vantare una struttura fortificata così diversificata ed esemplare dell’evoluzione degli apparati difensivi durante le varie epoche. Ed è del tutto evidente che la storia di Verona va di pari passo a quella delle sue fortificazioni, legate, queste ultime, alla vita cittadina più che allo studio dell’arte militare. E’ perciò meritorio l’impegno a far conoscere, apprezzare, difendere e conservare nel migliore dei modi quanto è rimasto del lavoro di generazioni che da quelle opere hanno avuto sicurezza e protezione.

Fonte: G. Barbetta “Le mura e le fortificazioni di Verona”

 

La cinta e le mura

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